Criteri base per capire se il percorso terapeutico, di qualsiasi orientamento, può funzionare

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Ho deciso di scrivere questo articolo perché generalmente nei blog di psicologia si parla sempre, come è giusto che sia, di difficoltà, disturbi e patologie psichiche, ma mai di come un paziente può riuscire a capire se la terapia sta procedendo nel modo giusto, così ecco ho deciso di farlo io. Premesso che dovrebbe essere lo psicoterapeuta per correttezza e professionalità, periodicamente a valutare e poi restituire al paziente le informazioni su come sta procedendo il percorso che si sta facendo, quando questo non avviene, è utile avere conoscenza dei criteri per valutare quando può considerarsi positiva una psicoterapia. Prima di tutto occorre individuare quali sono gli elementi essenziali che rendono fattibile una psicoterapia: la riuscita della comunicazione, le motivazioni del paziente ed il rapporto che si crea. Se non vi è un’adeguata comunicazione, il colloquio e le interazioni sono impossibili. Se il paziente non è motivato a considerare autonomamente la propria sofferenza come qualcosa di cui liberarsi ma è costretto da altri ad una terapia di cui non condivide il fine, molto spesso non si ottiene nulla, a meno che non si crei da subito una forte empatia. Se il rapporto fra terapeuta-paziente non si crea, (basta che anche solo una delle due parti manchi di determinazione o non riesca a comunicare adeguatamente) che con tutta evidenzia nascerà un rapporto pessimo e perseverare nella la terapia non avrebbe alcun senso.
Meno determinante è il quadro clinico in atto, cioè la motivazione per cui si decide di andare dal terapeuta, sia esso psichico o psicosomatico e qualunque sia la sua gravità. Occorre sapere come situazioni che si presentano complesse possono essere risolte brillantemente anche in tempi brevi, mentre per altre più sfumate e all’apparenza di più semplice risoluzione, può essere necessario un maggior lavoro; nella mia esperienza, dopo quasi 20 di lavoro posso dire che mi è successo molte volte di risolvere in poche sedute casi ritenuti “disperati” dagli stessi pazienti. Inoltre per ciò che riguarda le tecniche psicoterapiche, se il terapeuta adotta una modalità meccanica ed intellettuale come a seguire riga per riga le pagine dei libri di testo studiati, ecco la terapia non serve a nulla, ciò che funziona è la capacità di valutazione, applicazione e impostazione da parte del terapeuta del percorso con il paziente, se è necessario anche attraverso l’uso di diverse tecniche ed orientamenti psicoterapici, diversi e/o integrati; ad esempio la scuola di specializzazione che ho frequentato aveva un’impostazione sistemica relazionale ed ipnotica, ma i nostri magnifici e lungimiranti insegnanti integravano a questo indirizzo approfondimenti di orientamenti cognitivo-comportamentale, di PNL (programmazione neurolinguistica), tecniche di rilassamento, strumenti ed esercizi applicabili ed altro che ho approfondito negli anni in seminari e formazioni varie. Inoltre il terapeuta deve essere flessibile, avere fantasia ed inventiva, per poter dare sempre un tocco personale alla terapia, molte volte occorre introdurre qualcosa che non si ritrova sui testi. Altro punto, non è sempre necessario rivangare il passato, perché a volte è una inconcludente ricerca filosofica che invece di risolvere conferma e giustifica la problematica causando una cronicizzazione, quindi non è importante conoscere le cause della sofferenza ma è essenziale trovare la soluzione! Altre volte invece è bene ritornare al passato ed interiorizzando che il passato non si può cambiare, occorre riconsiderarlo ed elaborarlo in modo da avere una nuova visione di questo passato, una visione che non fa più male. Indubbiamente questa valutazione su come agire la fa il terapeuta ma il paziente, nell’arco del percorso dopo diverse sedute, si può rendere conto se l’insistere sul passato sta portando a qualcosa o a nulla o ancora peggio ad un rinforzo del problema. Io dico sempre ai miei pazienti che il nostro rapporto deve essere onesto, aperto e di reciproca fiducia perché si sta lavorando insieme per un obiettivo comune, quindi consiglio quando ci fossero dubbi sul percorso o curiosità di chiedere chiarimenti al terapeuta che sarà tenuto a rispondere onestamente.
Il paziente dev’essere aiutato stimolandolo per ciò che è e può essere realmente, al di là di ciò che fa e del suo comportamento, per le sue possibilità inespresse o bloccate. Il paziente o i pazienti non devono mai essere o sentirsi giudicati, lo fanno anche troppo da soli e negativamente. Deve essere ben distinto l’errore dell’errante incolpevole, quindi il paziente va guidato a scoprire ed usare le proprie risorse native, esse siano sconosciute o dimenticate, quelle che non crede più di avere, aiutato a ritrovarle, in modo tale che evolvendo acquisisce gli strumenti di comprensione e diventa autonomamente consapevole dell’origine di propri mali e capace nella vita di tutti i giorni di elaborarli anche terminato il percorso.
Spero che questo articolo possa aiutare le persone che stanno o sono in procinto di iniziare un percorso a capire meglio se ci sono i giusti presupposti per ottenere dei risultati.

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